domenica 31 agosto 2014

Al "Città di Como" rinasce la stella di Troicki. Ma applausi sinceri a Sorensen


Ha vinto Troicki, viva Sorensen. Francamente, e lo abbiamo scritto nei giorni scorsi, avevamo pochi dubbi sull'esito finale del torneo Challenger Atp "Città di Como". Il serbo è stato ed è tutt'ora di un altro pianeta. Non si arriva al 12° posto mondiale per caso, senza avere qualcosa in più degli altri. Come pure non si vince una Davis seppur in coppia con Novak Djokovic - portando il punto decisivo, mica il primo - altrettanto per caso.
Insomma, Troicki è partito dalle qualificazioni (causa crollo in classifica dopo un anno di stop), ma fin dal primo servizio si è capito che di avversari a Villa Olmo non ce n'erano. Abbiamo vacillato nelle nostre convinzioni solo quando, perso il primo set 6-1 con Adelchi Virgili all'ultimo turno delle qualifiche, ha chiesto l'intervento del medico. Lì, lo ammettiamo, abbiamo pensato che stesse per fare le valigie con direzione Genova (dove giocherà da domani il Challenger). Ma il serbo ci ha smentito dimostrando di tenere a sé stesso e al torneo. Da lì è iniziata una marcia trionfale, in continuo crescendo ad ogni turno che passava. Sette game concessi ad Androic, 4 ad Arguello (testa di serie numero 1), sette a Zopp in semifinale, cinque oggi a Sorensen in poco più di un'ora. Insomma, dopo Dolgopolov, Thiem, Carreno Busta, Haase, Anderson negli anni scorsi, crediamo di esserci gustati in questi giorni un futuro top 50 al mondo e di questo non possiamo che ringraziare gli organizzatori del Tennis Como, il presidente Giulio Pini e il direttore del torneo Paolo Carobbio. Viva Sorensen, dicevamo però in avvio. Perché secondo noi la vera impresa è stata comunque la sua. Carneade del circuito, non più giovanissimo, ha dimostrato una voglia e una tenacia incredibili, che ci piacerebbe vedere in qualche giocatore italiano (ma questa è un'altra storia). Nessuno lo pronosticava oltre il terzo turno, è arrivato in finale con merito e vincendo per sfinimento match complicati. E anche oggi, a ben guardare, ha ottenuto meno di quanto meritava. A fare la differenza sono stati pochi punti, visto che Troicki ha sfruttato le tre sole palle break che ha avuto, l'irlandese nessuna delle sue due. La differenza, in estrema sintesi, sta qui. Che del resto è la differenza tra un buon giocatore e un campione. Anche nel totale dei punti - che nel tennis contano come il due di picche a briscola, ma sono comunque indicativi - stiamo 54-40. Non l'abisso raccontato dal 6-3, 6-2. Abbiamo già scritto troppo per quelli che sono i nostri propositi in questo Blog. Chiudiamo solo con un applauso sincero a Viktor Troicki. Che non è stato solo quello vincente che ha dominato in campo, ma anche quello serio e professionale fuori dal terreno di gioco. Con un'umiltà e una voglia di tornare dove si era fermato che senza dubbio lo riporterà in alto. Peccato solo che tra un anno non lo rivedremo perché sarà in tabellone agli Us Open.

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